Il saggio parte dall’assunto di Frank Lloyd Wright : «La democrazia e l’architettura, se sono organiche, non possono essere due cose separate». Sullo sfondo Bignardi vi legge la città, e la definizione di organico lo spinge a guardare verso le esperienze dell’arte che con essa si confrontano: esperienze intese non come adesione ad un progetto comune, ma quale deterrente posto in antitesi a una concezione statica dell’esistenza in virtù di un’iterata proiezione dell’immaginazione nel proprio contemporaneo. Democrazia e arte, democrazia e città, democrazia e architettura sono i punti sui quali l’autore insiste e che orientano la sua idea di comune, intesa come un tentativo di intervenire sulla vita del singolo e della comunità, agire cioè «da dentro la vita per qualificarne la dimensione comune, per costruire un senso». È questo il punto centrale del contributo, che pone una riflessione su alcuni esempi di operatività di Arte ambientale, studiati direttamente sul campo nel corso di anni. L’interesse è di rileggere le dinamiche che hanno segnato i decenni, in particolar modo gli anni settanta, nei quali il dibattito democratico (che investiva anche l’arte, l’architettura e l’urbanistica) sembrava aver radicato le sue radici. Un momento della storia che tiene insieme più storie: dall’affermazione della democrazia in Venezuela, che si specchia nella città ‘costruita’ da Villanueva, alla ‘fondazione’ della nuova Gibellina, ai progetti/laboratori di Fiumara d’Arte nel messinese, a partire dal 1983, alle stazioni della metropolitana di Napoli, esempio di una progettuali che tiene insieme, attraverso la funzione rigeneratrice dell’arte, la riqualificazione di aree urbane unitamente alle problematiche legate ai grandi flussi di mobilità urbana.
Bignardi, M. (2017). Arte ambientale: creatività urbana e processi di democratizzazione. In A.M. R. Galdini (a cura di), La città creativa. Spazi pubblici e luoghi della quotidianità (pp. 617-625). Roma : CNAPPC.
Arte ambientale: creatività urbana e processi di democratizzazione
M. Bignardi
2017-01-01
Abstract
Il saggio parte dall’assunto di Frank Lloyd Wright : «La democrazia e l’architettura, se sono organiche, non possono essere due cose separate». Sullo sfondo Bignardi vi legge la città, e la definizione di organico lo spinge a guardare verso le esperienze dell’arte che con essa si confrontano: esperienze intese non come adesione ad un progetto comune, ma quale deterrente posto in antitesi a una concezione statica dell’esistenza in virtù di un’iterata proiezione dell’immaginazione nel proprio contemporaneo. Democrazia e arte, democrazia e città, democrazia e architettura sono i punti sui quali l’autore insiste e che orientano la sua idea di comune, intesa come un tentativo di intervenire sulla vita del singolo e della comunità, agire cioè «da dentro la vita per qualificarne la dimensione comune, per costruire un senso». È questo il punto centrale del contributo, che pone una riflessione su alcuni esempi di operatività di Arte ambientale, studiati direttamente sul campo nel corso di anni. L’interesse è di rileggere le dinamiche che hanno segnato i decenni, in particolar modo gli anni settanta, nei quali il dibattito democratico (che investiva anche l’arte, l’architettura e l’urbanistica) sembrava aver radicato le sue radici. Un momento della storia che tiene insieme più storie: dall’affermazione della democrazia in Venezuela, che si specchia nella città ‘costruita’ da Villanueva, alla ‘fondazione’ della nuova Gibellina, ai progetti/laboratori di Fiumara d’Arte nel messinese, a partire dal 1983, alle stazioni della metropolitana di Napoli, esempio di una progettuali che tiene insieme, attraverso la funzione rigeneratrice dell’arte, la riqualificazione di aree urbane unitamente alle problematiche legate ai grandi flussi di mobilità urbana.File | Dimensione | Formato | |
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