Il saggio apre il catalogo della mostra retrospettiva promossa e ospitata dal Fondo Regionale d'Arte Contemporanea di Baronissi (SA) nel dicembre del 2015: una grande retrospettiva dedicata a Peter Willburger allestita in Italia dopo quella ospitata, nel 2003, al Tempio di Pomona a Salerno. Insieme ad una selezione delle opere dell’artista austriaco ci saranno quelle dei suoi amici incisori italiani: un repertorio di artisti di fama internazionale, espressione della grande scuola italiana e, al tempo stesso, interpreti di un difficoltoso rapporto con i retaggi culturali che hanno guardato all’incisione collocandola sempre in secondo piano rispetto alla pittura e alla scultura. Il testo di Bignardi ricostruisce la vita e l'esperienza artistica del noto incisore; una vita segnata dalle scelte fatte appena ventenne, e l’esperienza artistica che, dalla pittura appresa alla scuola di Max Weiler a Vienna, attraversa in venticinque anni gran parte dell’universo della grafica, sono riconducibili all’idea del viaggio. È per Willburger il desiderio di andare incontro al tempo, accettarlo quale medium, la cui inarrestabile azione modifica, altera, trasforma, consuma, corrode o fa lievitare, riprodurre, moltiplicare, insomma è l’essenza della metamorfosi. Peter sperimenta “volontariamente” la vita: lascia la sua terra natale, il Tirolo, per proseguire il viaggio avviato nella sua fantasia di studente. Il Mediterraneo di Ulisse, il Nord Africa, il Marocco, la Tunisia di Klee, la Spagna di Escher, la Sicilia di Nicolas de Staël, l’Italia Meridionale di Kokoschka; è il Sud, come punto di una geografia dell’immaginario, come punto di approdo, il luogo ove fermarsi, metter su casa, stabilire una relazione duratura con il mistero di una luce zenitale, con i lunghi respiri (sospiri) che scandiscono i giorni, le ombre che, nette, s’insinuano nei corpi, nella materia, nello spazio, affogando nell’oscurità di riti che rendono il mito vivo. L’artista traccia, sulla sua mappa mentale, una linea retta: dal Tirolo alle coste cilentane, dall’Austria mitteleuropea alle terre della mitologia, alla sponda estrema della Grecia classica che Peter guarda come ultimo avamposto, in quegli anni (il viaggio in Sicilia è del 1958) della cultura del primordio, dell’originario, ove il quotidiano è ancora pervaso dal simbolico. L’ “altro viaggio”, quello che il suo spirito compie nel corpo dell’arte, non ha punti di approdo: Willburger non sceglie, anzi si muove sulle capacità rigenerative e metamorfiche del segno, sulla sua vocazione di definire o annullare lo spazio, di animare in esso la vita. Accetta la molteplicità come referente, evita la definizione dei linguaggi: va dalla figura alla sua negazione, dalla geometria al segno esistenziale, drammatico, ironico, trascritto dalla puntasecca, dal bulino o dalla trasparenza dell’acquerello, nel groviglio di altre “scritture”. È un viaggio documentato oggi da un repertorio di fotografie, di opere (dal 1964 al 1996 in particolare disegni, acquerelli proposti come annotazioni dirette del “viaggio”), di taccuini, scritture, lettere, tratto dall’Archivio Willburger: dal primo soggiorno ad Acciaroli, del 1963, agli anni vissuti, dal 1968 fino alla morte, nella casa-studio di Raito, alle rapide soste a Firenze, ove lavora presso la stamperia Il Bisonte, a Roma, presso i laboratori della 2RC e della Calcografia Nazionale. È un percorso a ritroso scegliendo di seguire, giorno dopo giorno, le pagine dei suoi “taccuini”, insoliti diari nei quali l’artista annota la quotidiana necessità di guardare il mondo.

Bignardi, M. (2015). Peter Willburger, il metodo, l’immaginazione. In M.Bignardi (a cura di), Peter Willburger & i suoi amici Incisori italiani degli anni Novanta (pp. 7-25). Fisciano (SA) : Gutenberg Edizioni.

Peter Willburger, il metodo, l’immaginazione

BIGNARDI, MASSIMO
2015-01-01

Abstract

Il saggio apre il catalogo della mostra retrospettiva promossa e ospitata dal Fondo Regionale d'Arte Contemporanea di Baronissi (SA) nel dicembre del 2015: una grande retrospettiva dedicata a Peter Willburger allestita in Italia dopo quella ospitata, nel 2003, al Tempio di Pomona a Salerno. Insieme ad una selezione delle opere dell’artista austriaco ci saranno quelle dei suoi amici incisori italiani: un repertorio di artisti di fama internazionale, espressione della grande scuola italiana e, al tempo stesso, interpreti di un difficoltoso rapporto con i retaggi culturali che hanno guardato all’incisione collocandola sempre in secondo piano rispetto alla pittura e alla scultura. Il testo di Bignardi ricostruisce la vita e l'esperienza artistica del noto incisore; una vita segnata dalle scelte fatte appena ventenne, e l’esperienza artistica che, dalla pittura appresa alla scuola di Max Weiler a Vienna, attraversa in venticinque anni gran parte dell’universo della grafica, sono riconducibili all’idea del viaggio. È per Willburger il desiderio di andare incontro al tempo, accettarlo quale medium, la cui inarrestabile azione modifica, altera, trasforma, consuma, corrode o fa lievitare, riprodurre, moltiplicare, insomma è l’essenza della metamorfosi. Peter sperimenta “volontariamente” la vita: lascia la sua terra natale, il Tirolo, per proseguire il viaggio avviato nella sua fantasia di studente. Il Mediterraneo di Ulisse, il Nord Africa, il Marocco, la Tunisia di Klee, la Spagna di Escher, la Sicilia di Nicolas de Staël, l’Italia Meridionale di Kokoschka; è il Sud, come punto di una geografia dell’immaginario, come punto di approdo, il luogo ove fermarsi, metter su casa, stabilire una relazione duratura con il mistero di una luce zenitale, con i lunghi respiri (sospiri) che scandiscono i giorni, le ombre che, nette, s’insinuano nei corpi, nella materia, nello spazio, affogando nell’oscurità di riti che rendono il mito vivo. L’artista traccia, sulla sua mappa mentale, una linea retta: dal Tirolo alle coste cilentane, dall’Austria mitteleuropea alle terre della mitologia, alla sponda estrema della Grecia classica che Peter guarda come ultimo avamposto, in quegli anni (il viaggio in Sicilia è del 1958) della cultura del primordio, dell’originario, ove il quotidiano è ancora pervaso dal simbolico. L’ “altro viaggio”, quello che il suo spirito compie nel corpo dell’arte, non ha punti di approdo: Willburger non sceglie, anzi si muove sulle capacità rigenerative e metamorfiche del segno, sulla sua vocazione di definire o annullare lo spazio, di animare in esso la vita. Accetta la molteplicità come referente, evita la definizione dei linguaggi: va dalla figura alla sua negazione, dalla geometria al segno esistenziale, drammatico, ironico, trascritto dalla puntasecca, dal bulino o dalla trasparenza dell’acquerello, nel groviglio di altre “scritture”. È un viaggio documentato oggi da un repertorio di fotografie, di opere (dal 1964 al 1996 in particolare disegni, acquerelli proposti come annotazioni dirette del “viaggio”), di taccuini, scritture, lettere, tratto dall’Archivio Willburger: dal primo soggiorno ad Acciaroli, del 1963, agli anni vissuti, dal 1968 fino alla morte, nella casa-studio di Raito, alle rapide soste a Firenze, ove lavora presso la stamperia Il Bisonte, a Roma, presso i laboratori della 2RC e della Calcografia Nazionale. È un percorso a ritroso scegliendo di seguire, giorno dopo giorno, le pagine dei suoi “taccuini”, insoliti diari nei quali l’artista annota la quotidiana necessità di guardare il mondo.
2015
978-88-7554-091-3
Bignardi, M. (2015). Peter Willburger, il metodo, l’immaginazione. In M.Bignardi (a cura di), Peter Willburger & i suoi amici Incisori italiani degli anni Novanta (pp. 7-25). Fisciano (SA) : Gutenberg Edizioni.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/1009019