Il Banco di Sicilia si definì come istituto di emissione per gradi, acquisendo una propria autonomia dal Banco di Napoli prima e superando poi ripetute fasi di incertezza normativa e passaggi legislativi cruciali ai fini della determinazione della natura giuridico-istituzionale e delle aree e degli strumenti operativi. L’acquisizione di specifica individualità e autonomia dal Banco di Napoli fu conseguita prima dell’Unità, mentre durante i primi decenni postunitari la natura stessa dell’istituto fu sottoposta in modo ricorrente a precisazione e valutazione, sia per scelta della propria dirigenza o per l’intervento dei suoi maggiori stakeholders, sia per l’azione del governo e per la pressione della maggiore banca di emissione, interessata a ridefinire a proprio favore i soggetti e le aree della gestione della circolazione monetaria. Sino alla riforma degli istituti di emissione del 1893 il Banco di Sicilia dovette quindi sviluppare coerentemente la propria natura di istituto di emissione, affrontando i rischi di riduzione delle funzioni di ente emittente mezzi di pagamento, e individuare un equilibrio tra la natura di istituto di emissione e la più duratura funzione di istituto di credito a cui erano assegnati compiti di promozione e sostegno dello sviluppo della regione.La gradualità della definizione della natura giuridico-funzionale del Banco di Sicilia, e talvolta l’incertezza dell’esito dell’azione normativa, dipese essenzialmente, da un lato, dalla molteplicità degli attori istituzionali interessati alla regolamentazione degli istituti di emissione (e, più in generale, degli istituti di credito di diritto pubblico) e, dall’altro, dalla complessità della formazione del patrimonio e dell’attribuzione di funzioni, dalla crescente varietà dei compiti affidati all’istituto attraverso un processo di stratificazione e integrazione progressiva di attività e sezioni specializzate che ne composero, per fasi, l’assetto operativo e lo status giuridico, attraverso leggi e statuti. Nei sessant’anni postunitari in cui il Banco di Sicilia fu istituto di emissione il Banco estese e integrò le forme di intermediazione proprie di una banca commerciale – secondo uno schema tipico che raccordava la creazione e la gestione dei mezzi di pagamento alle attività di credito commerciale – con sezioni specializzate nel credito settoriale (il credito agrario) e nella raccolta di risparmio (la cassa di risparmio) in un ente morale autonomo polifunzionale cui si assegnavano finalità di sviluppo dell’economia regionale. Tale stratificazione funzionale, come si vedrà, tendeva a includere compiti e aree operative che non potevano che entrare periodicamente in tensione per effetto dei ridotti margini di reciproca compatibilità: essere il Banco di Sicilia, a un tempo, istituto di emissione, banca commerciale, cassa di risparmio, avere una sezione per il credito agrario, essere infine, come ente morale, istituto di credito per lo sviluppo regionale. Le molteplici funzioni comportavano responsabilità differenziate che era difficile poter armonizzare, soprattutto considerato che la governance del Banco favoriva l’insorgere di frizioni tra dimensioni decisionali non omogenee, tra le rappresentanze politiche regionali e le prerogative di nomina del governo e dell’amministrazione centrale. L’evoluzione organizzativa e il potenziale di crescita operativa del Banco di Sicilia furono in tal senso il risultato di complesse relazioni e negoziazioni tra soggetti istituzionali differenti, prima e dopo l’unificazione, e non solo, fisiologicamente, di scelte tra le opzioni possibili connesse a visioni in competizione circa la natura e gli obiettivi degli istituti di emissione, come pure si riscontrava in Europa nei processi di definizione dell’architettura regolamentare e istituzionale dei sistemi bancari e monetari. Se l’esistenza del Banco di Sicilia sino alla prima guerra mondiale – o, forse, sino al nuovo secolo – rientrava tra le possibilità offerte dalla pluralità delle opzioni istituzionali concretamente offerte dagli ultimi decenni dell’Ottocento. La grande cesura costituita dalla prima guerra mondiale, con la definizione di un compiuto central banking e la promozione politica di un tale assetto istituzionale dei sistemi finanziari e monetari, ridusse rapidamente i gradi di libertà dati alle autorità monetarie nazionali dell’area periferica della prima globalizzazione esercitando una consistente pressione sull’assetto plurale dell’emissione che si era configurato dopo l’Unità che si sarebbe vòlta in vincolo negativo alla sopravvivenza della pluralità dell’emissione in Italia. La stessa possibilità del Banco di Sicilia di mantenere la propria funzione di istituto di emissione si iscriveva dunque, oltre o anche più che nelle specificità delle forme di divario territoriale del paese, nei gradi di libertà offerti dal sistema monetario internazionale, dai modelli di regolazione offerti e dalle scelte delle autorità monetarie centrali. In tal senso la facoltà di emissione non fu semplicemente un dato per così dire residuale delle differenze dei livelli di sviluppo regionale – e delle correlate esigenze monetarie e finanziarie –, ma piuttosto un grado di libertà ricavato dalle istituzioni e dai modelli di regolazione del sistema monetario internazionale. L’adesione peculiare dell’Italia al gold standard alla fine dell’Ottocento comportò una restrizione dei gradi di libertà dati alle autorità monetarie centrali delle economie periferiche, secondo una linea parzialmente seguita anche nella Germania guglielmina, ma consentì pur sempre di mantenere quella pluralità degli istituti di emissione che sarebbe invece entrata in contrasto con le esigenze di controllo degli aggregati monetari e delle riserve con la più precisa definizione del central banking dei primi anni venti, quando l’accentramento e l’unicità delle funzioni connesse all’emissione furono esplicitamente poste in termini condizionali nelle trattative internazionali tra l’Italia e i banchieri centrali – Norman e Strong – che promossero i processi di stabilizzazione della metà del decennio.
Piluso, G. (2017). L'istituto di emissione, 1867-1926. In P.F. Asso (a cura di), Storia del Banco di Sicilia, 1867-1991 (pp. 11-110). Roma : Donzelli.
L'istituto di emissione, 1867-1926
PILUSO, GIANDOMENICO
2017-01-01
Abstract
Il Banco di Sicilia si definì come istituto di emissione per gradi, acquisendo una propria autonomia dal Banco di Napoli prima e superando poi ripetute fasi di incertezza normativa e passaggi legislativi cruciali ai fini della determinazione della natura giuridico-istituzionale e delle aree e degli strumenti operativi. L’acquisizione di specifica individualità e autonomia dal Banco di Napoli fu conseguita prima dell’Unità, mentre durante i primi decenni postunitari la natura stessa dell’istituto fu sottoposta in modo ricorrente a precisazione e valutazione, sia per scelta della propria dirigenza o per l’intervento dei suoi maggiori stakeholders, sia per l’azione del governo e per la pressione della maggiore banca di emissione, interessata a ridefinire a proprio favore i soggetti e le aree della gestione della circolazione monetaria. Sino alla riforma degli istituti di emissione del 1893 il Banco di Sicilia dovette quindi sviluppare coerentemente la propria natura di istituto di emissione, affrontando i rischi di riduzione delle funzioni di ente emittente mezzi di pagamento, e individuare un equilibrio tra la natura di istituto di emissione e la più duratura funzione di istituto di credito a cui erano assegnati compiti di promozione e sostegno dello sviluppo della regione.La gradualità della definizione della natura giuridico-funzionale del Banco di Sicilia, e talvolta l’incertezza dell’esito dell’azione normativa, dipese essenzialmente, da un lato, dalla molteplicità degli attori istituzionali interessati alla regolamentazione degli istituti di emissione (e, più in generale, degli istituti di credito di diritto pubblico) e, dall’altro, dalla complessità della formazione del patrimonio e dell’attribuzione di funzioni, dalla crescente varietà dei compiti affidati all’istituto attraverso un processo di stratificazione e integrazione progressiva di attività e sezioni specializzate che ne composero, per fasi, l’assetto operativo e lo status giuridico, attraverso leggi e statuti. Nei sessant’anni postunitari in cui il Banco di Sicilia fu istituto di emissione il Banco estese e integrò le forme di intermediazione proprie di una banca commerciale – secondo uno schema tipico che raccordava la creazione e la gestione dei mezzi di pagamento alle attività di credito commerciale – con sezioni specializzate nel credito settoriale (il credito agrario) e nella raccolta di risparmio (la cassa di risparmio) in un ente morale autonomo polifunzionale cui si assegnavano finalità di sviluppo dell’economia regionale. Tale stratificazione funzionale, come si vedrà, tendeva a includere compiti e aree operative che non potevano che entrare periodicamente in tensione per effetto dei ridotti margini di reciproca compatibilità: essere il Banco di Sicilia, a un tempo, istituto di emissione, banca commerciale, cassa di risparmio, avere una sezione per il credito agrario, essere infine, come ente morale, istituto di credito per lo sviluppo regionale. Le molteplici funzioni comportavano responsabilità differenziate che era difficile poter armonizzare, soprattutto considerato che la governance del Banco favoriva l’insorgere di frizioni tra dimensioni decisionali non omogenee, tra le rappresentanze politiche regionali e le prerogative di nomina del governo e dell’amministrazione centrale. L’evoluzione organizzativa e il potenziale di crescita operativa del Banco di Sicilia furono in tal senso il risultato di complesse relazioni e negoziazioni tra soggetti istituzionali differenti, prima e dopo l’unificazione, e non solo, fisiologicamente, di scelte tra le opzioni possibili connesse a visioni in competizione circa la natura e gli obiettivi degli istituti di emissione, come pure si riscontrava in Europa nei processi di definizione dell’architettura regolamentare e istituzionale dei sistemi bancari e monetari. Se l’esistenza del Banco di Sicilia sino alla prima guerra mondiale – o, forse, sino al nuovo secolo – rientrava tra le possibilità offerte dalla pluralità delle opzioni istituzionali concretamente offerte dagli ultimi decenni dell’Ottocento. La grande cesura costituita dalla prima guerra mondiale, con la definizione di un compiuto central banking e la promozione politica di un tale assetto istituzionale dei sistemi finanziari e monetari, ridusse rapidamente i gradi di libertà dati alle autorità monetarie nazionali dell’area periferica della prima globalizzazione esercitando una consistente pressione sull’assetto plurale dell’emissione che si era configurato dopo l’Unità che si sarebbe vòlta in vincolo negativo alla sopravvivenza della pluralità dell’emissione in Italia. La stessa possibilità del Banco di Sicilia di mantenere la propria funzione di istituto di emissione si iscriveva dunque, oltre o anche più che nelle specificità delle forme di divario territoriale del paese, nei gradi di libertà offerti dal sistema monetario internazionale, dai modelli di regolazione offerti e dalle scelte delle autorità monetarie centrali. In tal senso la facoltà di emissione non fu semplicemente un dato per così dire residuale delle differenze dei livelli di sviluppo regionale – e delle correlate esigenze monetarie e finanziarie –, ma piuttosto un grado di libertà ricavato dalle istituzioni e dai modelli di regolazione del sistema monetario internazionale. L’adesione peculiare dell’Italia al gold standard alla fine dell’Ottocento comportò una restrizione dei gradi di libertà dati alle autorità monetarie centrali delle economie periferiche, secondo una linea parzialmente seguita anche nella Germania guglielmina, ma consentì pur sempre di mantenere quella pluralità degli istituti di emissione che sarebbe invece entrata in contrasto con le esigenze di controllo degli aggregati monetari e delle riserve con la più precisa definizione del central banking dei primi anni venti, quando l’accentramento e l’unicità delle funzioni connesse all’emissione furono esplicitamente poste in termini condizionali nelle trattative internazionali tra l’Italia e i banchieri centrali – Norman e Strong – che promossero i processi di stabilizzazione della metà del decennio.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11365/1005787