Gli scavi di numerosi siti etruschi della Toscana sud-orientale hanno restituito sculture funerarie realizzate con un particolare tipo di calcare tenero chiamato ‘pietra fetida’ a causa del caratteristico odore che essa rilascia quando viene percossa. La mancanza di informazioni di dettaglio sulle ragioni per le quali gli Etruschi abbiano frequentemente utilizzato questa pietra, e sulle potenziali aree estrattive della stessa, hanno suggerito uno studio petrografico di questa roccia che ne chiarisca la natura ed i possibili luoghi di estrazione. La ‘pietra fetida’ è una roccia calcarea tenera, porosa e leggera, di colore beige e grana finissima, caratteri che ne permettono un facile riconoscimento. La sua originaria deposizione sarebbe da collocarsi nella Toscana meridionale durante la fase di regressione marina del Pliocene inferiore, in zone costiere al limite tra l’ambiente marino e quello continentale. Ciò sembra confermato dalla presenza di resti fossili di organismi di acqua dolce o salmastra come Ostracodi (Cyprideis) ed oogoni di Characeae . Questo litotipo talvolta viene citato come ‘sasso porco’ o, più impropriamente, come ‘tufo puzzolo’, ‘lapis suillus’, ‘stink stone’ ed infine ‘etruscite’ per l’ampio impiego che ne fecero gli Etruschi per la realizzazione di sculture, sarcofagi, cippi e urne cinerarie. Nel secolo scorso studi geologici dedicati alla stratigrafia e alla tettonica dei sedimenti pliocenici della Toscana meridionale, hanno consentito di individuare affioramenti di litotipi riconducibili alla ‘pietra fetida’ variamente associati a lignite, conglomerati, sabbie, argille e calcari organogeni, nei pressi di Chiusi, Montefollonico, Petroio, San Quirico d’Orcia e Pienza. Proprio per le sue caratteristiche di resistenza e di facile lavorabilità anche nei dettagli scultorei, questo tipo di pietra è stata utilizzata per la realizzazione di sculture anche di notevoli dimensioni; tra queste la più nota è la Mater Matuta, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze. La ‘pietra fetida’ è stata utilizzata in gran parte per la realizzazione di sarcofagi e di urnette, alcune delle quali decorate a rilievo e spesso dipinte, mentre i materiali provenienti da stratificazioni sottili, quindi non adatte a ricavarne manufatti di grandi dimensioni, sono state usate per realizzare piccoli oggetti, tra i quali numerose basi per statuette in metallo. Manufatti etruschi in ‘pietra fetida’ sono attestati in una vasta area compresa tra Chiusi, Sarteano, Chianciano Terme e Pienza, ma sono stati rinvenuti anche in altri siti etruschi tra cui Murlo, Montalcino, S. Quirico d’Orcia, S. Giovanni d’Asso e Trequanda in provincia di Siena, oltre a quelle di Cortona e Pieve a Socana in provincia di Arezzo.

Pastonchi, L., Pallecchi, P., Foresi, L.M., Bambini, A.M., Rossato, L., Benvenuti, M. (2015). Produzioni etrusche in ‘pietra fetida’ nell’Etruria settentrionale: materie prime e loro provenienza. NOTIZIARIO DELLA SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA TOSCANA, 11/2015, 59-66.

Produzioni etrusche in ‘pietra fetida’ nell’Etruria settentrionale: materie prime e loro provenienza

FORESI, LUCA MARIA;BAMBINI, ANNA MARIA;
2015-01-01

Abstract

Gli scavi di numerosi siti etruschi della Toscana sud-orientale hanno restituito sculture funerarie realizzate con un particolare tipo di calcare tenero chiamato ‘pietra fetida’ a causa del caratteristico odore che essa rilascia quando viene percossa. La mancanza di informazioni di dettaglio sulle ragioni per le quali gli Etruschi abbiano frequentemente utilizzato questa pietra, e sulle potenziali aree estrattive della stessa, hanno suggerito uno studio petrografico di questa roccia che ne chiarisca la natura ed i possibili luoghi di estrazione. La ‘pietra fetida’ è una roccia calcarea tenera, porosa e leggera, di colore beige e grana finissima, caratteri che ne permettono un facile riconoscimento. La sua originaria deposizione sarebbe da collocarsi nella Toscana meridionale durante la fase di regressione marina del Pliocene inferiore, in zone costiere al limite tra l’ambiente marino e quello continentale. Ciò sembra confermato dalla presenza di resti fossili di organismi di acqua dolce o salmastra come Ostracodi (Cyprideis) ed oogoni di Characeae . Questo litotipo talvolta viene citato come ‘sasso porco’ o, più impropriamente, come ‘tufo puzzolo’, ‘lapis suillus’, ‘stink stone’ ed infine ‘etruscite’ per l’ampio impiego che ne fecero gli Etruschi per la realizzazione di sculture, sarcofagi, cippi e urne cinerarie. Nel secolo scorso studi geologici dedicati alla stratigrafia e alla tettonica dei sedimenti pliocenici della Toscana meridionale, hanno consentito di individuare affioramenti di litotipi riconducibili alla ‘pietra fetida’ variamente associati a lignite, conglomerati, sabbie, argille e calcari organogeni, nei pressi di Chiusi, Montefollonico, Petroio, San Quirico d’Orcia e Pienza. Proprio per le sue caratteristiche di resistenza e di facile lavorabilità anche nei dettagli scultorei, questo tipo di pietra è stata utilizzata per la realizzazione di sculture anche di notevoli dimensioni; tra queste la più nota è la Mater Matuta, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze. La ‘pietra fetida’ è stata utilizzata in gran parte per la realizzazione di sarcofagi e di urnette, alcune delle quali decorate a rilievo e spesso dipinte, mentre i materiali provenienti da stratificazioni sottili, quindi non adatte a ricavarne manufatti di grandi dimensioni, sono state usate per realizzare piccoli oggetti, tra i quali numerose basi per statuette in metallo. Manufatti etruschi in ‘pietra fetida’ sono attestati in una vasta area compresa tra Chiusi, Sarteano, Chianciano Terme e Pienza, ma sono stati rinvenuti anche in altri siti etruschi tra cui Murlo, Montalcino, S. Quirico d’Orcia, S. Giovanni d’Asso e Trequanda in provincia di Siena, oltre a quelle di Cortona e Pieve a Socana in provincia di Arezzo.
2015
Pastonchi, L., Pallecchi, P., Foresi, L.M., Bambini, A.M., Rossato, L., Benvenuti, M. (2015). Produzioni etrusche in ‘pietra fetida’ nell’Etruria settentrionale: materie prime e loro provenienza. NOTIZIARIO DELLA SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA TOSCANA, 11/2015, 59-66.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/994144