The ‘minor’ urbanization’s main peculiarities in Central and Northern Italy will be analysed examining the status, in terms of autonomy and privilege, of settlements which had not a see (but whose size and functions anywhere else in Europe would certainly have been considered as urban) in comparison with the cities proper, i.e. episcopal centres, holders of wide powers on a large part of their diocese. This will be done in particular through an outline of fiscal systems of those states in which these ‘minor’ towns and the major cities were absorbed during the 14th and 15th centuries; and also by reconsidering the previous stages (12th-13th cent.), during which the institutional and social distinction between cities and smaller towns (i.e. the powers and privileges of the former, and the exclusion of the latter from them) was traced out and became a long lasting character.

In questo saggio si cerca di mettere a fuoco le principali peculiarità dell’urbanesimo ‘minore’ dell’Italia centrosettentrionale (l’Italia delle città e della civiltà comunale), partendo dalle peculiarità dei più complessivi sistemi urbani in cui esso si inseriva, ovvero da una geografia economica e politica che fino al pieno ‘300 fu dominata per l’essenziale dall’azione egemonica e statuale delle città, o per meglio dire dall’azione di quelle che erano considerate città e vissute come tali, in quanto centri diocesani e detentrici di ampi diritti su gran parte dei territori delle diocesi stesse. La questione dei centri minori, ovvero dei centri non vescovili con dimensioni e funzioni che altrove in Europa sarebbero stati considerati senz’altro città e di rango del tutto rispettabile, nonché quella di un’ampia serie di centri più piccoli (tra i 1000 e i 3000 abitanti al massimo dello sviluppo), verrà trattata soprattutto attraverso l’esame della loro posizione in termini di autonomie e privilegio nel quadro degli stati regionali e rispetto alle città propriamente dette; e in particolare attraverso un rapido profilo della fiscalità e finanze di questi centri e degli stati in cui essi e le città maggiori vennero assorbiti tra Tre e Quattrocento. L’ultima parte sarà dedicata a un tentativo di ristabilire le prospettive, guardando un po’ più indietro (XII-XIII secolo), cioè alle fasi molto meno documentate ma cruciali, durante le quali il discrimine istituzionale e sociale tra le città (vescovili) e i centri minori (ovvero i poteri e i privilegi delle prime e l’esclusione dei secondi dal godimento di essi) venne lentamente tracciato e reso di lunga durata.

Ginatempo, M.A. (2014). Vivere “a modo di città”. I centri minori italiani nel Basso Medioevo: autonomie, privilegio, fiscalità. In Città e campagne del Basso medioevo. Studi sulla società italiana offerti dagli allievi a Giuliano PInto (pp. 1-30). Firenze : LEO S. OLSCHKI.

Vivere “a modo di città”. I centri minori italiani nel Basso Medioevo: autonomie, privilegio, fiscalità

GINATEMPO, MARIA AUSILIATRICE
2014-01-01

Abstract

The ‘minor’ urbanization’s main peculiarities in Central and Northern Italy will be analysed examining the status, in terms of autonomy and privilege, of settlements which had not a see (but whose size and functions anywhere else in Europe would certainly have been considered as urban) in comparison with the cities proper, i.e. episcopal centres, holders of wide powers on a large part of their diocese. This will be done in particular through an outline of fiscal systems of those states in which these ‘minor’ towns and the major cities were absorbed during the 14th and 15th centuries; and also by reconsidering the previous stages (12th-13th cent.), during which the institutional and social distinction between cities and smaller towns (i.e. the powers and privileges of the former, and the exclusion of the latter from them) was traced out and became a long lasting character.
2014
9788822263216
In questo saggio si cerca di mettere a fuoco le principali peculiarità dell’urbanesimo ‘minore’ dell’Italia centrosettentrionale (l’Italia delle città e della civiltà comunale), partendo dalle peculiarità dei più complessivi sistemi urbani in cui esso si inseriva, ovvero da una geografia economica e politica che fino al pieno ‘300 fu dominata per l’essenziale dall’azione egemonica e statuale delle città, o per meglio dire dall’azione di quelle che erano considerate città e vissute come tali, in quanto centri diocesani e detentrici di ampi diritti su gran parte dei territori delle diocesi stesse. La questione dei centri minori, ovvero dei centri non vescovili con dimensioni e funzioni che altrove in Europa sarebbero stati considerati senz’altro città e di rango del tutto rispettabile, nonché quella di un’ampia serie di centri più piccoli (tra i 1000 e i 3000 abitanti al massimo dello sviluppo), verrà trattata soprattutto attraverso l’esame della loro posizione in termini di autonomie e privilegio nel quadro degli stati regionali e rispetto alle città propriamente dette; e in particolare attraverso un rapido profilo della fiscalità e finanze di questi centri e degli stati in cui essi e le città maggiori vennero assorbiti tra Tre e Quattrocento. L’ultima parte sarà dedicata a un tentativo di ristabilire le prospettive, guardando un po’ più indietro (XII-XIII secolo), cioè alle fasi molto meno documentate ma cruciali, durante le quali il discrimine istituzionale e sociale tra le città (vescovili) e i centri minori (ovvero i poteri e i privilegi delle prime e l’esclusione dei secondi dal godimento di essi) venne lentamente tracciato e reso di lunga durata.
Ginatempo, M.A. (2014). Vivere “a modo di città”. I centri minori italiani nel Basso Medioevo: autonomie, privilegio, fiscalità. In Città e campagne del Basso medioevo. Studi sulla società italiana offerti dagli allievi a Giuliano PInto (pp. 1-30). Firenze : LEO S. OLSCHKI.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/47870