Il saggio si apre con una panoramica sociologica sui diversi atteggiamenti e comportamenti delle persone nei confronti della felicità e sulla loro collocazione nel contesto culturale della nostra epoca. Difatti, si evidenzia che la felicità ha una valenza assoluta – che è quella di cui parla il libro – e una valenza relativa, che dipende dalla cultura o sub-cultura cui le persone appartenengono. L’autore propone al riguardo quattro categorie di soggetti: la prima è composta d coloro che si sentono fortemente ancorati ai valori della cultura tradizionale – che credono nella stabilità della società, nella immutabilità della condizione umana e della natura, nella conservazione dello status quo, nella necessità di essere guidati da una autorità superiore – e che spesso ritengono la felicità solo una irraggiungibile (e talvolta pericolosa) utopia, almeno in questo mondo. La seconda categoria è composta dalle persone che credono nel progresso, nella tecnologia, nella crescita economica illimitata e che tende a considerare la felicità una realtà possibile, anzi indispensabile, pur immaginandola come qualcosa da possedere, da comprare, da conquistare con il proprio operato esteriore e, dunque, legata alla ricchezza economica, al riconoscimento sociale, al successo personale, cercandola insomma esclusivamente nella sfera dell’avere – per dirla con Fromm - più che in quella dell’essere (dove in realtà si trova). La terza categoria è qualla di coloro che hanno una visione critica sia del conservatorismo sia del progressismo, ma si lasciano cogliere dal pessimismo o dal nihilismo, notando solo i lati più negativi di questa nostra epoca – dalle guerre al terrorismo, dalle catastrofi ecologiche alla recessione, dal materialismo alle ingiustizie sociali – senza riuscire a trovare quella speranza e quella fiducia nella vita che sono indispensabili presupposti della felicità. La quarta categoria è costituita da persone che credono nel valore dell’evoluzione individuale e sociale ma non nella via tecno-economicista e meramente materialista, che hanno una visione critica ma non catastrofista o rassegnata, e che dietro ai numerosi punti di crisi di questo momento storico, intravedono anche l’altra faccia della medaglia con i suoi grandi potenziali di crescita individuale e collettiva. Si tratta di persone che stanno transitando verso nuovi valori e stili di vita, nuove forme di sensibilità e di spiritualità, nuovi modelli di consumo, nuovi modi di vivere le relazioni con gli altri, nuovi orizzonti individuali e collettivi caratterizzati da un rinnovato interesse ed entusiasmo per la vita, per la ricerca di senso, per il benessere. Per questa avanguardia culturale ragionare sulla felicità non solo ha un senso ma è anzi uno dei fuochi della ricerca di senso, una delle mete verso cui orientare il proprio cammino evolutivo e quello dell’intero genere umano. Rifacendosi alle ricerche del sociologo americano P.H. Ray sui creativi culturali e la cultura postmoderna, il saggio traccia un profilo della quarta categoria e ne evidenzia la propensione per una visione olistica dell’essere umano e della realtà; visione che è alla base anche del libro di C. Boiron che il saggio introduce.

Cheli, E. (2005). Prefazione [a Le ragioni della felicità], 7-17.

Prefazione [a Le ragioni della felicità]

CHELI, ENRICO
2005-01-01

Abstract

Il saggio si apre con una panoramica sociologica sui diversi atteggiamenti e comportamenti delle persone nei confronti della felicità e sulla loro collocazione nel contesto culturale della nostra epoca. Difatti, si evidenzia che la felicità ha una valenza assoluta – che è quella di cui parla il libro – e una valenza relativa, che dipende dalla cultura o sub-cultura cui le persone appartenengono. L’autore propone al riguardo quattro categorie di soggetti: la prima è composta d coloro che si sentono fortemente ancorati ai valori della cultura tradizionale – che credono nella stabilità della società, nella immutabilità della condizione umana e della natura, nella conservazione dello status quo, nella necessità di essere guidati da una autorità superiore – e che spesso ritengono la felicità solo una irraggiungibile (e talvolta pericolosa) utopia, almeno in questo mondo. La seconda categoria è composta dalle persone che credono nel progresso, nella tecnologia, nella crescita economica illimitata e che tende a considerare la felicità una realtà possibile, anzi indispensabile, pur immaginandola come qualcosa da possedere, da comprare, da conquistare con il proprio operato esteriore e, dunque, legata alla ricchezza economica, al riconoscimento sociale, al successo personale, cercandola insomma esclusivamente nella sfera dell’avere – per dirla con Fromm - più che in quella dell’essere (dove in realtà si trova). La terza categoria è qualla di coloro che hanno una visione critica sia del conservatorismo sia del progressismo, ma si lasciano cogliere dal pessimismo o dal nihilismo, notando solo i lati più negativi di questa nostra epoca – dalle guerre al terrorismo, dalle catastrofi ecologiche alla recessione, dal materialismo alle ingiustizie sociali – senza riuscire a trovare quella speranza e quella fiducia nella vita che sono indispensabili presupposti della felicità. La quarta categoria è costituita da persone che credono nel valore dell’evoluzione individuale e sociale ma non nella via tecno-economicista e meramente materialista, che hanno una visione critica ma non catastrofista o rassegnata, e che dietro ai numerosi punti di crisi di questo momento storico, intravedono anche l’altra faccia della medaglia con i suoi grandi potenziali di crescita individuale e collettiva. Si tratta di persone che stanno transitando verso nuovi valori e stili di vita, nuove forme di sensibilità e di spiritualità, nuovi modelli di consumo, nuovi modi di vivere le relazioni con gli altri, nuovi orizzonti individuali e collettivi caratterizzati da un rinnovato interesse ed entusiasmo per la vita, per la ricerca di senso, per il benessere. Per questa avanguardia culturale ragionare sulla felicità non solo ha un senso ma è anzi uno dei fuochi della ricerca di senso, una delle mete verso cui orientare il proprio cammino evolutivo e quello dell’intero genere umano. Rifacendosi alle ricerche del sociologo americano P.H. Ray sui creativi culturali e la cultura postmoderna, il saggio traccia un profilo della quarta categoria e ne evidenzia la propensione per una visione olistica dell’essere umano e della realtà; visione che è alla base anche del libro di C. Boiron che il saggio introduce.
2005
9788846471284
Cheli, E. (2005). Prefazione [a Le ragioni della felicità], 7-17.
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