Nel tempo presente, diversamente dal recente passato, non si può dubitare del fatto che il notaio sia garante della legalità dell'atto anche quando venga richiesto della "sola" attività di autenticazione delle firme poste ai piedi di una scrittura privata. L'antico dilemma – circa l’applicabilità, in sede di autentica, del divieto di cui all'art. 28 l. not. – è stato sciolto ex positivo iure. E precisamente, dall'art. 12 della l. n. 246 del 2005 che, intervenendo chirurgicamente sul testo dell’art. 28, ha aggiunto (dopo il verbo "ricevere"), le seguenti due parole: "o autenticare". Muovendo da questo dato, lo studio tende ad accertare: a) se l'interpolazione operata sul testo dell'art. 28 della legge notarile abbia comportato un'effettiva innovazione dell'ordinamento, oppure si sia limitata ad esplicitare una regola preesistente; b) se, in concreto, il controllo notarile di legalità si svolge secondo modalità identiche (o diverse), in relazione all'attività di autenticazione della scrittura privata e a quella di ricevimento dell'atto pubblico; c) se il maggiore o minore coinvolgimento del notaio nell'elaborazione del testo linguistico possa riflettersi sull'intensità e, quindi, sulla qualità del controllo di legalità. A margine di tale excursus si segnala l'esistenza di un evidente difetto di coordinamento tra la disciplina attuale dell'autentica notarile (dominata dalla presenza di un penetrante controllo contenutistico sulla legalità dell'atto) e quella dettata dal codice di rito per quanto concerne la verificazione giudiziale della scrittura privata. Tant'è che oggi, per un singolare paradosso, quello che non è più possibile ottenere con la "collaborazione" del notaio (ossia la formazione di un titolo negoziale sostanzialmente nullo, ma formalmente idoneo alla trascrizione o all'iscrizione) è invece possibile conseguire grazie alla "collaborazione" del giudice. Basti considerare, al riguardo, che i principi processuali della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato impedirebbero al giudice che sia investito della decisione su un’istanza di verificazione (proponibile anche in via principale ex art. 216, comma 2, c.p.c.) di estendere d'ufficio il proprio sindacato alla legalità del contenuto della scrittura.

Navone, G. (2012). Scrittura privata autenticata e controllo notarile di legalità. In Il diritto vivente nell'età dell'incertezza. Saggi sull'art. 28 ed il procedimento disciplinare riformato (pp. 209-234). Torino : Giappichelli Editore.

Scrittura privata autenticata e controllo notarile di legalità

NAVONE, GIANLUCA
2012-01-01

Abstract

Nel tempo presente, diversamente dal recente passato, non si può dubitare del fatto che il notaio sia garante della legalità dell'atto anche quando venga richiesto della "sola" attività di autenticazione delle firme poste ai piedi di una scrittura privata. L'antico dilemma – circa l’applicabilità, in sede di autentica, del divieto di cui all'art. 28 l. not. – è stato sciolto ex positivo iure. E precisamente, dall'art. 12 della l. n. 246 del 2005 che, intervenendo chirurgicamente sul testo dell’art. 28, ha aggiunto (dopo il verbo "ricevere"), le seguenti due parole: "o autenticare". Muovendo da questo dato, lo studio tende ad accertare: a) se l'interpolazione operata sul testo dell'art. 28 della legge notarile abbia comportato un'effettiva innovazione dell'ordinamento, oppure si sia limitata ad esplicitare una regola preesistente; b) se, in concreto, il controllo notarile di legalità si svolge secondo modalità identiche (o diverse), in relazione all'attività di autenticazione della scrittura privata e a quella di ricevimento dell'atto pubblico; c) se il maggiore o minore coinvolgimento del notaio nell'elaborazione del testo linguistico possa riflettersi sull'intensità e, quindi, sulla qualità del controllo di legalità. A margine di tale excursus si segnala l'esistenza di un evidente difetto di coordinamento tra la disciplina attuale dell'autentica notarile (dominata dalla presenza di un penetrante controllo contenutistico sulla legalità dell'atto) e quella dettata dal codice di rito per quanto concerne la verificazione giudiziale della scrittura privata. Tant'è che oggi, per un singolare paradosso, quello che non è più possibile ottenere con la "collaborazione" del notaio (ossia la formazione di un titolo negoziale sostanzialmente nullo, ma formalmente idoneo alla trascrizione o all'iscrizione) è invece possibile conseguire grazie alla "collaborazione" del giudice. Basti considerare, al riguardo, che i principi processuali della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato impedirebbero al giudice che sia investito della decisione su un’istanza di verificazione (proponibile anche in via principale ex art. 216, comma 2, c.p.c.) di estendere d'ufficio il proprio sindacato alla legalità del contenuto della scrittura.
2012
9788834829516
Navone, G. (2012). Scrittura privata autenticata e controllo notarile di legalità. In Il diritto vivente nell'età dell'incertezza. Saggi sull'art. 28 ed il procedimento disciplinare riformato (pp. 209-234). Torino : Giappichelli Editore.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/26980
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