Protagonista di queste pagine è un ossimoro: l’«incontro solitario» tra Hugo von Hofmannsthal e Stefan George. «Solitario», perché non si capirono e non si amarono, eppure ognuno di loro continuò a riflettere per anni sulla differenza dell’altro; «solitario» perché così voleva Hofmannsthal che fossero i suoi rapporti, poco propenso a venire a patti con la realtà degli altri e persuaso che solo la distanza generasse sogni, desideri, poesie. George avrebbe desiderato qualcosa di diverso: un sodalizio d’arte e di vita, uno stabile legame con un giovane genio deferente e, se non vi riuscì, fu non solo per l’indisponibilità del ragazzo, ma anche per l’incomunicabilità tra i loro mondi. Si conobbero a Vienna nell’inverno del 1891, si frequentarono per alcune settimane, poi vi fu una rottura brusca e, in parte, misteriosa. Quello che segue, sono alcune lettere, pochi incontri, molta reciproca diffidenza e una collaborazione concreta e fattiva per «Die Blätter für die Kunst», la rivista del George-Kreis. Una serie di vicende, già analizzate dettagliatamente dalla critica e dai contemporanei, che questo libro vuole ricostruire cercando di metterne a fuoco alcuni aspetti non immediatamente evidenti e, forse, non marginali. Va premesso che, anche qui, si tratterà di un «incontro solitario», visto unicamente nella prospettiva di Hofmannsthal. George, il suo arrivo nella capitale imperiale, i discorsi comuni, il probabile innamoramento e la «cacciata» verranno seguiti solo come elementi della formazione del giovane poeta e come occasioni per scandagliare la sua visione del mondo e il suo modo di «fare poesia». Una tessera importante per uno studio su Loris che è l’obiettivo ultimo di questa ricerca. Ci si propone inoltre di comprendere quale sia l’eredità lasciata dal poeta tedesco in quella fugace apparizione. Una eredità sgradevole – la definisce Hofmannsthal – che va a toccare elementi di fragilità personale e familiare dello scrittore austriaco, ma anche capisaldi del suo universo, quello della Vienna di fine secolo in cui le ultime utopie dell’Illuminismo, rese più gradevoli dal culto della bellezza e più affascinanti dalla «liberalizzazione» della emotività, finiscono per scontrarsi con forme ben più aggressive e irrazionali di lotta alla modernità. Alcuni materiali che qui vengono usati sono inediti – soprattutto lettere conservate al George-Archiv di Stoccarda, alla Theatersammlung della Hofbibliothek di Vienna, al Freies Deutsches Hochstift di Francoforte, alla Houghton Library di Cambridge (dei quali ringrazio il personale e i direttori che si sono succeduti negli anni) – e, anche se non riscrivono la storia di quelle settimane del 1891, aiutano a intuire atmosfere e stati d’animo e a fare maggior luce su ragioni ed esiti di una sconfitta che, in fondo, coinvolge entrambi i protagonisti della nostra vicenda.
Ascarelli, R. (2004). La decadenza delle buone maniere. AREZZO : Bibliotheca Aretina.
La decadenza delle buone maniere
ASCARELLI, ROBERTA
2004-01-01
Abstract
Protagonista di queste pagine è un ossimoro: l’«incontro solitario» tra Hugo von Hofmannsthal e Stefan George. «Solitario», perché non si capirono e non si amarono, eppure ognuno di loro continuò a riflettere per anni sulla differenza dell’altro; «solitario» perché così voleva Hofmannsthal che fossero i suoi rapporti, poco propenso a venire a patti con la realtà degli altri e persuaso che solo la distanza generasse sogni, desideri, poesie. George avrebbe desiderato qualcosa di diverso: un sodalizio d’arte e di vita, uno stabile legame con un giovane genio deferente e, se non vi riuscì, fu non solo per l’indisponibilità del ragazzo, ma anche per l’incomunicabilità tra i loro mondi. Si conobbero a Vienna nell’inverno del 1891, si frequentarono per alcune settimane, poi vi fu una rottura brusca e, in parte, misteriosa. Quello che segue, sono alcune lettere, pochi incontri, molta reciproca diffidenza e una collaborazione concreta e fattiva per «Die Blätter für die Kunst», la rivista del George-Kreis. Una serie di vicende, già analizzate dettagliatamente dalla critica e dai contemporanei, che questo libro vuole ricostruire cercando di metterne a fuoco alcuni aspetti non immediatamente evidenti e, forse, non marginali. Va premesso che, anche qui, si tratterà di un «incontro solitario», visto unicamente nella prospettiva di Hofmannsthal. George, il suo arrivo nella capitale imperiale, i discorsi comuni, il probabile innamoramento e la «cacciata» verranno seguiti solo come elementi della formazione del giovane poeta e come occasioni per scandagliare la sua visione del mondo e il suo modo di «fare poesia». Una tessera importante per uno studio su Loris che è l’obiettivo ultimo di questa ricerca. Ci si propone inoltre di comprendere quale sia l’eredità lasciata dal poeta tedesco in quella fugace apparizione. Una eredità sgradevole – la definisce Hofmannsthal – che va a toccare elementi di fragilità personale e familiare dello scrittore austriaco, ma anche capisaldi del suo universo, quello della Vienna di fine secolo in cui le ultime utopie dell’Illuminismo, rese più gradevoli dal culto della bellezza e più affascinanti dalla «liberalizzazione» della emotività, finiscono per scontrarsi con forme ben più aggressive e irrazionali di lotta alla modernità. Alcuni materiali che qui vengono usati sono inediti – soprattutto lettere conservate al George-Archiv di Stoccarda, alla Theatersammlung della Hofbibliothek di Vienna, al Freies Deutsches Hochstift di Francoforte, alla Houghton Library di Cambridge (dei quali ringrazio il personale e i direttori che si sono succeduti negli anni) – e, anche se non riscrivono la storia di quelle settimane del 1891, aiutano a intuire atmosfere e stati d’animo e a fare maggior luce su ragioni ed esiti di una sconfitta che, in fondo, coinvolge entrambi i protagonisti della nostra vicenda.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11365/16007
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