Da Gordon Craig all'Opera di Pechino e al Kabuki. Il saggio indaga i rapporti tra teatro di figura e teatro di attori mettendo a fuoco in epoche e luoghi differenti la continua circolarità tra i due generi di spettacolo. Nella cultura teatrale europea di inizio Novecento il teatro di figura (marionette, burattini, fantocci, ombre) assunse un rilievo straordinario all'interno di quel movimento di rinnovamento e a volte di vera e propria rivoluzione artistica che trovò la sua efficace sintesi linguistica nello slogan di molte avanguardie: "riteatralizzare il teatro". Liberare la scena dal dominio del testo verbale, dagli intrecci psicologici, dallo strapotere dell'attore-mattatore, del "fine dicitore" -- per dirla alla Ettore Petrolini -- per i padri fondatori del teatro di regia (Copeau, Appia, Craig, Meyerchol'd) significò sviluppare al massimo la ricerca di una dimensione fisica e artigianale del teatro non necessariamente legata alla sola recitazione dell'attore, una dimensione che comprendeva una molteplicità di linguaggi: la danza, la pantomima, il canto, la musica, la scenotecnica, l'architettura teatrale, il costume di scena. Tutte possibilità espressive di un teatro nuovo che veniva definito, rifacendosi a Wagner, "teatro totale" e che oggi ritroviamo nella multimedialità della scena teatrale contemporanea. Al sorgere di questo movimento contro il vecchio teatro di parola alcuni padri della regia videro nel teatro di figura un esempio perfetto di spettacolo svincolato dall'arbitrio dell'attore. Lì i marionettisti erano infatti i creatori incontrastati di uno spettacolo in cui le marionette agivano come attori finalmente fedeli al progetto di regia. Questi "attori" erano l'antitesi degli attori-mattatori, i veri padroni della scena teatrale di allora. E' nel segno di questa polemica contro il divismo dell'attore ottocentesco, contro il suo uso approssimativo delle tecniche recitative, è contro la sua pretesa di identificare l’intero spettacolo con la psicologia del proprio personaggio-protagonista, che la marionetta orientale con la sua rigorosa tecnica di movimento, con il suo simbolismo di carattere magico-religioso, diventa l’esempio concreto di un altro teatro e di un altro modo di essere dell'attore. Essa rappresenta la possibilità di un ritorno ad un teatro antinaturalista, un teatro dei simboli e delle forme poetiche, un teatro libero dai condizionamenti psicologici e idiosincratici dell’attore. Per quanto riguarda l'Asia è veramente difficile districare la storia del teatro di attori da quello di marionette. Almeno questo vale per l'universo dello spettacolo tradizionale. Marionetta ed attore all'interno delle singole tradizioni asiatiche fanno parte di un unico universo estetico -- dove il simbolismo convenzionale prevale sul realismo naturalista -- e appartengono ad un unico sistema produttivo (centrato molto sull'idea di assemblaggio e montaggio di pezzi differenti) che consente con facilità il passaggio di repertori, musiche, sequenze vocali e gestuali dal teatro di figura a quello di attori e viceversa.

DI BERNARDI, V. (2010). La marionetta simbolo dell'attore perfetto. Alcune riflessioni su danza e teatro in Asia. In The Character Unbound (pp. 89-104). Arezzo : Bibliotheca Aretina.

La marionetta simbolo dell'attore perfetto. Alcune riflessioni su danza e teatro in Asia

DI BERNARDI, VITO
2010-01-01

Abstract

Da Gordon Craig all'Opera di Pechino e al Kabuki. Il saggio indaga i rapporti tra teatro di figura e teatro di attori mettendo a fuoco in epoche e luoghi differenti la continua circolarità tra i due generi di spettacolo. Nella cultura teatrale europea di inizio Novecento il teatro di figura (marionette, burattini, fantocci, ombre) assunse un rilievo straordinario all'interno di quel movimento di rinnovamento e a volte di vera e propria rivoluzione artistica che trovò la sua efficace sintesi linguistica nello slogan di molte avanguardie: "riteatralizzare il teatro". Liberare la scena dal dominio del testo verbale, dagli intrecci psicologici, dallo strapotere dell'attore-mattatore, del "fine dicitore" -- per dirla alla Ettore Petrolini -- per i padri fondatori del teatro di regia (Copeau, Appia, Craig, Meyerchol'd) significò sviluppare al massimo la ricerca di una dimensione fisica e artigianale del teatro non necessariamente legata alla sola recitazione dell'attore, una dimensione che comprendeva una molteplicità di linguaggi: la danza, la pantomima, il canto, la musica, la scenotecnica, l'architettura teatrale, il costume di scena. Tutte possibilità espressive di un teatro nuovo che veniva definito, rifacendosi a Wagner, "teatro totale" e che oggi ritroviamo nella multimedialità della scena teatrale contemporanea. Al sorgere di questo movimento contro il vecchio teatro di parola alcuni padri della regia videro nel teatro di figura un esempio perfetto di spettacolo svincolato dall'arbitrio dell'attore. Lì i marionettisti erano infatti i creatori incontrastati di uno spettacolo in cui le marionette agivano come attori finalmente fedeli al progetto di regia. Questi "attori" erano l'antitesi degli attori-mattatori, i veri padroni della scena teatrale di allora. E' nel segno di questa polemica contro il divismo dell'attore ottocentesco, contro il suo uso approssimativo delle tecniche recitative, è contro la sua pretesa di identificare l’intero spettacolo con la psicologia del proprio personaggio-protagonista, che la marionetta orientale con la sua rigorosa tecnica di movimento, con il suo simbolismo di carattere magico-religioso, diventa l’esempio concreto di un altro teatro e di un altro modo di essere dell'attore. Essa rappresenta la possibilità di un ritorno ad un teatro antinaturalista, un teatro dei simboli e delle forme poetiche, un teatro libero dai condizionamenti psicologici e idiosincratici dell’attore. Per quanto riguarda l'Asia è veramente difficile districare la storia del teatro di attori da quello di marionette. Almeno questo vale per l'universo dello spettacolo tradizionale. Marionetta ed attore all'interno delle singole tradizioni asiatiche fanno parte di un unico universo estetico -- dove il simbolismo convenzionale prevale sul realismo naturalista -- e appartengono ad un unico sistema produttivo (centrato molto sull'idea di assemblaggio e montaggio di pezzi differenti) che consente con facilità il passaggio di repertori, musiche, sequenze vocali e gestuali dal teatro di figura a quello di attori e viceversa.
2010
9788890325588
DI BERNARDI, V. (2010). La marionetta simbolo dell'attore perfetto. Alcune riflessioni su danza e teatro in Asia. In The Character Unbound (pp. 89-104). Arezzo : Bibliotheca Aretina.
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