La ricerca ha analizzato sia il quadro normativo che giurisprudenziale in tema di buon andamento della pubblica amministrazione, pur ripartendo dai contributi della dottrina successivi all’entrata in vigore della Costituzione. La prima impressione è quella di trovarsi di fronte ad un concetto inafferrabile: non basta infatti identificare il buon andamento con il concetto di efficienza amministrativa o più in generale con quello di buona amministrazione, rimane sempre da indicare qual è il contenuto positivo da riconoscere a tale principio ai fini della sua applicazione giurisprudenziale. Ma se è necessario tuttora partire dall'approccio alla problematica offerta dalla cultura scientifica amministrativistica in alcuni fondamentali studi in materia di organizzazione amministrativa, i punti nodali sono ancora da rinvenirsi nel ruolo svolto dalla Corte nella individuazione del contenuto di buon andamento e nell'incidenza di tale principio sulla produzione normativa. L'esposizione analitica della suddetta casistica non può che suscitare un'impressione di frammentarietà e talvolta anche di difetto di incisività. E la mancanza di omogeneità è ancora più evidente poiché siamo in presenza di un concetto "a contenuto variabile", e come tutti i concetti dalle" mobili frontiere", esso dilata i poteri del giudice costituzionale, spingendolo verso il controllo sul merito delle scelte politiche del legislatore e collocando spesso il suo giudizio sulla labile linea di confine tra censura di legittimità e censura di merito. Per cercare di “individuare” i contenuti possibili di tale principi, il saggio esamina le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai TAR, assai numerose tenuto conto che negli ultimi anni è profondamente mutato l'assetto legislativo in materia di pubblica amministrazione. Del resto i TAR hanno assunto iniziative più coraggiose solo quando si trattava di dare applicazione alle normative nuove, sulle quali mancava il referente immediato della giurisprudenza del Consiglio di Stato. Mentre prima degli anni '80, le sentenze più interessanti in materia di buon andamento erano state pronunciate nell'ambito del giudizio in via principale, e per lo più in seguito ad impugnative di leggi regionali ad opera del governo. Dopodiché, il saggio si sofferma sulla "riscoperta" dell'art. 97 Cost. dopo lo smaltimento dell'arretrato, grazie anch’essa al nuovo assetto legislativo e in particolare alla legge 7 agosto 1990, n. 241. La Corte, attraverso il sindacato ex art. 97, I comma, sembra inserirsi infatti nel quadro delle riforme legislative volte al recupero di efficienza e dare ad esse avallo e fondamento, offrendo talvolta persino nuovi stimoli alle riforme in atto. Il nuovo assetto legislativo viene così ad essere uno strumento per individuare quello che risulta essere oggi il principio di buon andamento, senza impedire a quest'ultimo di continuare a presiedere allo svolgimento dinamico del sistema. Ciò non toglie che il filo di coerenza che attraversa la giurisprudenza costituzionale in materia sia ancora individuabile nell’accentuato rispetto delle scelte discrezionali del legislatore. La Corte si è infatti perlopiù limitata ad una verifica della "non manifesta irragionevolezza" o della "non palese arbitrarietà, intesa come non palese inidoneità dei mezzi predisposti dal legislatore rispetto al fine che intende perseguire.

Bindi, E. (1997). Il principio di buon andamento e il criterio di efficienza nella giurisprudenza costituzionale e nell'attuale assetto legislativo. In Gli standard di efficienza nella Pubblica Amministrazione (pp. 45-133). ROMA : Casa Editrice CNR.

Il principio di buon andamento e il criterio di efficienza nella giurisprudenza costituzionale e nell'attuale assetto legislativo

BINDI, ELENA
1997-01-01

Abstract

La ricerca ha analizzato sia il quadro normativo che giurisprudenziale in tema di buon andamento della pubblica amministrazione, pur ripartendo dai contributi della dottrina successivi all’entrata in vigore della Costituzione. La prima impressione è quella di trovarsi di fronte ad un concetto inafferrabile: non basta infatti identificare il buon andamento con il concetto di efficienza amministrativa o più in generale con quello di buona amministrazione, rimane sempre da indicare qual è il contenuto positivo da riconoscere a tale principio ai fini della sua applicazione giurisprudenziale. Ma se è necessario tuttora partire dall'approccio alla problematica offerta dalla cultura scientifica amministrativistica in alcuni fondamentali studi in materia di organizzazione amministrativa, i punti nodali sono ancora da rinvenirsi nel ruolo svolto dalla Corte nella individuazione del contenuto di buon andamento e nell'incidenza di tale principio sulla produzione normativa. L'esposizione analitica della suddetta casistica non può che suscitare un'impressione di frammentarietà e talvolta anche di difetto di incisività. E la mancanza di omogeneità è ancora più evidente poiché siamo in presenza di un concetto "a contenuto variabile", e come tutti i concetti dalle" mobili frontiere", esso dilata i poteri del giudice costituzionale, spingendolo verso il controllo sul merito delle scelte politiche del legislatore e collocando spesso il suo giudizio sulla labile linea di confine tra censura di legittimità e censura di merito. Per cercare di “individuare” i contenuti possibili di tale principi, il saggio esamina le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai TAR, assai numerose tenuto conto che negli ultimi anni è profondamente mutato l'assetto legislativo in materia di pubblica amministrazione. Del resto i TAR hanno assunto iniziative più coraggiose solo quando si trattava di dare applicazione alle normative nuove, sulle quali mancava il referente immediato della giurisprudenza del Consiglio di Stato. Mentre prima degli anni '80, le sentenze più interessanti in materia di buon andamento erano state pronunciate nell'ambito del giudizio in via principale, e per lo più in seguito ad impugnative di leggi regionali ad opera del governo. Dopodiché, il saggio si sofferma sulla "riscoperta" dell'art. 97 Cost. dopo lo smaltimento dell'arretrato, grazie anch’essa al nuovo assetto legislativo e in particolare alla legge 7 agosto 1990, n. 241. La Corte, attraverso il sindacato ex art. 97, I comma, sembra inserirsi infatti nel quadro delle riforme legislative volte al recupero di efficienza e dare ad esse avallo e fondamento, offrendo talvolta persino nuovi stimoli alle riforme in atto. Il nuovo assetto legislativo viene così ad essere uno strumento per individuare quello che risulta essere oggi il principio di buon andamento, senza impedire a quest'ultimo di continuare a presiedere allo svolgimento dinamico del sistema. Ciò non toglie che il filo di coerenza che attraversa la giurisprudenza costituzionale in materia sia ancora individuabile nell’accentuato rispetto delle scelte discrezionali del legislatore. La Corte si è infatti perlopiù limitata ad una verifica della "non manifesta irragionevolezza" o della "non palese arbitrarietà, intesa come non palese inidoneità dei mezzi predisposti dal legislatore rispetto al fine che intende perseguire.
1997
Bindi, E. (1997). Il principio di buon andamento e il criterio di efficienza nella giurisprudenza costituzionale e nell'attuale assetto legislativo. In Gli standard di efficienza nella Pubblica Amministrazione (pp. 45-133). ROMA : Casa Editrice CNR.
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