Pittura e scrittura presentano, per Leon Battista Alberti, strettissime analogie nei metodi di apprendimento, che passano attraverso una scomposizione e ricomposizione dei singoli elementi, per giungere a formare una sequenza di “segni” capaci di rendere un significato linguistico o visivo preciso, in base al rispetto di un insieme di regole (De pictura). La stessa idea albertiana della “compositio”, cioè del tessuto del discorso e quindi della retorica soggiace alle regole della destrutturazione e ricomposizione armonica delle “partes”. L’applicazione più evidente del modo di intendere in maniera strettamente correlata le discipline del Trivio, le arti figurative e la scrittura è la Tavola autografa sull’ “ordine delle lettere” posta all’inizio della Grammatichetta, un codice contenente una redazione della versione volgare degli scritti morali dell’Alberti ora conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze con la segnatura Moreni 2, sostanzialmente rivista nell’edizione definitiva dell’opera contenuta nel ms. BAV Vat. lat. 1370. Si esamina la Tavola, riconoscendo nel modo di raggruppare le lettere che costituiscono l’alfabeto del volgare un nuovo modo di pensare la scrittura, un modo geometrico, per cui, attraverso la giustapposizione di segni standardizzati e perfettamente reiterabili, si parte dall’elemento minimo, il tratto corto verticale (la lettera “i”) per proseguire per successive elaborazioni del disegno a costruire i grafemi e a raggrupparli fra loro non in base al valore linguistico, né al loro vero tratteggio, quanto piuttosto all’esito del disegno finale e al maggiore o minore utilizzo dell’unità minima distintiva di ogni raggruppamento. In questo atteggiamento l’Alberti, certo non ignaro dei sistemi grafici antichi come di quelli maggiormente diffusi negli ambienti professionali o intellettuali del suo tempo, nel costruire una lingua volgare ai “molti” intelligibile, vuole adattare ad essa una scrittura di facile comprensione finale per “i più”, che parlano il volgare e non più il latino e interpretano la scrittura in base al disegno finale delle lettere e non più nel suo farsi. In questo ricercare una “geometrica ragione”, una scrittura vicina ai più, il colto architetto umanista fornisce un apporto filosofico prima che tecnico alla nascente stampa a caratteri mobili e interviene in maniera sostanziale nella questione della lingua e nei dettami per la formazione del popolo dei leggenti.

Tristano, C. (2005). Il modello e la regola. Teoria e pratiche di scrittura di Leon Battista Alberti. In Leon Battista Alberti. La biblioteca di un umanista (pp. 39-49). FIRENZE : MANDRAGORA.

Il modello e la regola. Teoria e pratiche di scrittura di Leon Battista Alberti

TRISTANO, CATERINA
2005-01-01

Abstract

Pittura e scrittura presentano, per Leon Battista Alberti, strettissime analogie nei metodi di apprendimento, che passano attraverso una scomposizione e ricomposizione dei singoli elementi, per giungere a formare una sequenza di “segni” capaci di rendere un significato linguistico o visivo preciso, in base al rispetto di un insieme di regole (De pictura). La stessa idea albertiana della “compositio”, cioè del tessuto del discorso e quindi della retorica soggiace alle regole della destrutturazione e ricomposizione armonica delle “partes”. L’applicazione più evidente del modo di intendere in maniera strettamente correlata le discipline del Trivio, le arti figurative e la scrittura è la Tavola autografa sull’ “ordine delle lettere” posta all’inizio della Grammatichetta, un codice contenente una redazione della versione volgare degli scritti morali dell’Alberti ora conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze con la segnatura Moreni 2, sostanzialmente rivista nell’edizione definitiva dell’opera contenuta nel ms. BAV Vat. lat. 1370. Si esamina la Tavola, riconoscendo nel modo di raggruppare le lettere che costituiscono l’alfabeto del volgare un nuovo modo di pensare la scrittura, un modo geometrico, per cui, attraverso la giustapposizione di segni standardizzati e perfettamente reiterabili, si parte dall’elemento minimo, il tratto corto verticale (la lettera “i”) per proseguire per successive elaborazioni del disegno a costruire i grafemi e a raggrupparli fra loro non in base al valore linguistico, né al loro vero tratteggio, quanto piuttosto all’esito del disegno finale e al maggiore o minore utilizzo dell’unità minima distintiva di ogni raggruppamento. In questo atteggiamento l’Alberti, certo non ignaro dei sistemi grafici antichi come di quelli maggiormente diffusi negli ambienti professionali o intellettuali del suo tempo, nel costruire una lingua volgare ai “molti” intelligibile, vuole adattare ad essa una scrittura di facile comprensione finale per “i più”, che parlano il volgare e non più il latino e interpretano la scrittura in base al disegno finale delle lettere e non più nel suo farsi. In questo ricercare una “geometrica ragione”, una scrittura vicina ai più, il colto architetto umanista fornisce un apporto filosofico prima che tecnico alla nascente stampa a caratteri mobili e interviene in maniera sostanziale nella questione della lingua e nei dettami per la formazione del popolo dei leggenti.
2005
887461084X
Tristano, C. (2005). Il modello e la regola. Teoria e pratiche di scrittura di Leon Battista Alberti. In Leon Battista Alberti. La biblioteca di un umanista (pp. 39-49). FIRENZE : MANDRAGORA.
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