Questo lavoro è il risultato di una ricerca condotta presso l’Archivio Storico dell’Ospedale Neuropsichiatrico di Arezzo (da ora ASONA ) ed è frutto di una casualità: mentre stavamo analizzando gli atti di morte redatti dai cappellani dell’Istituto aretino – per una indagine sul legame tra ruolo dei religiosi e cura spirituale ai pazienti psichiatrici nell’arco di 80 anni (Occhini, 2017 ) – ci siamo resi conto che nel 1939 i dati presentavano una alterazione significativa sul normale andamento; non tanto per quando riguardava il dato spurio sulla mortalità, ma per l’alto numero di bambini sotto i 5 anni deceduti all’interno del Padiglione Neurologico dell’ospedale aretino. Attraverso un controllo random fra gli atti di morte e le cartelle cliniche riferite ai bambini deceduti in quell’anno, è emerso un evento endemico piuttosto severo di poliomielite anteriore acuta, a causa del quale morirono 25 bambini nell’arco di pochi mesi, quasi il 30% del numero totale dei pazienti deceduti in quell’anno (85). L’archivio di quell’evento clinico conserva una dettagliata documentazione, sia per quel che concerne il trattamento dell’acuzia sia per tutto quello che, in seguito, attenne alla cura e al sussidio dei pazienti che manifestarono sequele post infettive più o meno gravi. Fra i documenti, anche un interessante scambio di vedute tra medici, amministrazione provinciale e famiglie, su un tema che, proprio in quel periodo storico, stava coinvolgendo gli operatori che si occupa-vano di cura pediatrica: la presenza della madre accanto al bambino durante il ricovero ospedaliero doveva essere considerato un elemento di disorganizzazione clinica o, invece, poteva essere “tollerata” se non auspicata? A pochi anni dalle future pubblicazioni dei lavori di Spitz (1945, 1946), di Bowlby e di Robertson (1952, 1958) e in anti-cipo sullo “zelo missionario” che questi Autori misero nel tentare di favorire l’accesso dei genitori nei reparti pediatrici (Alsop‐Shields e Mohay, 2002), l’archivio ci mette a disposizione una testimonianza sulle modalità di caregiving ospedaliero prima che le teorie sull’attaccamento e sulle sue funzioni potessero fungere da temi catalizzatori per un radicale cambiamento all’interno delle istituzioni sanitarie e proprio mentre stava per iniziare una lunga questione accademica sui pro e i contro della presenza del caregiver all’interno dei reparti ospedalieri che, a qualsiasi titolo, accoglievano pazienti in età pediatrica.

Occhini, L., Pulerà, A. (2018). Arezzo 1939: l’epidemia di poliomielite e le forme di caregiving nell’Ospedale Neuropsichiatrico. In Massimo Aliverti (a cura di), La Psichiatria italiana tra Ottocento e Novecento. Dal manicomio al territorio (pp. 145-164). Roma : Aracne [10.4399/978882551840511].

Arezzo 1939: l’epidemia di poliomielite e le forme di caregiving nell’Ospedale Neuropsichiatrico

Laura Occhini;
2018-01-01

Abstract

Questo lavoro è il risultato di una ricerca condotta presso l’Archivio Storico dell’Ospedale Neuropsichiatrico di Arezzo (da ora ASONA ) ed è frutto di una casualità: mentre stavamo analizzando gli atti di morte redatti dai cappellani dell’Istituto aretino – per una indagine sul legame tra ruolo dei religiosi e cura spirituale ai pazienti psichiatrici nell’arco di 80 anni (Occhini, 2017 ) – ci siamo resi conto che nel 1939 i dati presentavano una alterazione significativa sul normale andamento; non tanto per quando riguardava il dato spurio sulla mortalità, ma per l’alto numero di bambini sotto i 5 anni deceduti all’interno del Padiglione Neurologico dell’ospedale aretino. Attraverso un controllo random fra gli atti di morte e le cartelle cliniche riferite ai bambini deceduti in quell’anno, è emerso un evento endemico piuttosto severo di poliomielite anteriore acuta, a causa del quale morirono 25 bambini nell’arco di pochi mesi, quasi il 30% del numero totale dei pazienti deceduti in quell’anno (85). L’archivio di quell’evento clinico conserva una dettagliata documentazione, sia per quel che concerne il trattamento dell’acuzia sia per tutto quello che, in seguito, attenne alla cura e al sussidio dei pazienti che manifestarono sequele post infettive più o meno gravi. Fra i documenti, anche un interessante scambio di vedute tra medici, amministrazione provinciale e famiglie, su un tema che, proprio in quel periodo storico, stava coinvolgendo gli operatori che si occupa-vano di cura pediatrica: la presenza della madre accanto al bambino durante il ricovero ospedaliero doveva essere considerato un elemento di disorganizzazione clinica o, invece, poteva essere “tollerata” se non auspicata? A pochi anni dalle future pubblicazioni dei lavori di Spitz (1945, 1946), di Bowlby e di Robertson (1952, 1958) e in anti-cipo sullo “zelo missionario” che questi Autori misero nel tentare di favorire l’accesso dei genitori nei reparti pediatrici (Alsop‐Shields e Mohay, 2002), l’archivio ci mette a disposizione una testimonianza sulle modalità di caregiving ospedaliero prima che le teorie sull’attaccamento e sulle sue funzioni potessero fungere da temi catalizzatori per un radicale cambiamento all’interno delle istituzioni sanitarie e proprio mentre stava per iniziare una lunga questione accademica sui pro e i contro della presenza del caregiver all’interno dei reparti ospedalieri che, a qualsiasi titolo, accoglievano pazienti in età pediatrica.
2018
978-88-255-1840-5
Occhini, L., Pulerà, A. (2018). Arezzo 1939: l’epidemia di poliomielite e le forme di caregiving nell’Ospedale Neuropsichiatrico. In Massimo Aliverti (a cura di), La Psichiatria italiana tra Ottocento e Novecento. Dal manicomio al territorio (pp. 145-164). Roma : Aracne [10.4399/978882551840511].
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/1064202